sabato 30 gennaio 2010

iniziamo

..Ciao a tutte e tutti..
provo a mettere su questo blog per condividere un pò di riflessioni che partono tanti anni fa e che si sono fatte un pò più concrete con la mia tesi..
così..inizio con l'introduzione..se non con che altro?
e allora..
-.-.-.-.-.-.-

Da quando l'essere umano si è dotato del potere della scienza ha sempre dato un nome alle cose, suddividendole e ponendole in rapporto gerarchico fra loro. Sostenuti dalla spinta darwiniana il ciclo di vita di animali, piante ed esseri umani è stato sempre disegnato in un cerchio, ove il più grande ha il sopravvento sul più piccolo, e dove anche il più piccolo ha un ruolo e una funzione all'interno del sistema. Si sono sempre etichettate forme e vite al fine di non cadere nell'ambiguità o nel non conosciuto, si è sempre preferito dare due nomi ad una cosa che non darlo affatto, nella logica che se non si vede non esiste.
Wilhelm Fliess esprime quest'essere della conoscenza con alcuni versi nel saggio “Maschile e femminile” Ecco da cosa si riconoscono gli uomini istruiti: Ciò che non possono toccare resta lontano mille leghe; Ciò che non possono afferrare semplicemente non esiste! Ciò che non calcolano non è vero; Ciò che non pesa non ha alcun peso; Ciò che non è denaro, pensate, non vale niente (1980, p. 24).

La certezza immutabile e solida da quando esistiamo è che l'essere umano si esprime attraverso due forme opposte, antitetiche, contrarie e complementari, ovvero l'uomo e la donna. Questi due esseri sono legati da una forma di dipendenza e d'amore indissolubile: la colpa della conoscenza del bene e del male del peccato originale, pagata con la sottomissione della donna all'uomo e a Dio e al relegamento al suo doppio mandato di donna e di madre.

Così la stirpe umana porta con sé i tre elementi della vita dati all'uomo e alla donna: la colpa per la voglia di conoscenza del bene e del male, la sottomissione della donna all'uomo e a Dio, il compito di essere i progenitori dell'umanità.
Nella storia, nelle ere e nei vissuti è sempre tutto ruotato intorno all'esistenza dell'essere umano che si è evoluto nella storia da homo herectus al prototipo dell'intelligenza artificiale, dalla capanna al grande grattacielo di cento piani che pesa tonnellate di cemento.
Ci si è evoluti, nel bene e nel male, sacrificando le terre e i piccoli animali nei laboratori. Non si è mai però messo in discussione il genere umano, la certezza sulla quale tutti i giorni, da millenni, viviamo. Vi è sempre stata un'attribuzione consequenziale che dal sesso biologico ha portato al genere permettendo di stabilire ruolo e identità. Questa assegnazione però non è mai stata rappresentata con un nesso logico ma data culturalmente e agisce sull'immediato per mezzo della società, della cultura e della famiglia. La nascita permette questa attribuzione e il battesimo solleva dall'ambiguità.
Non possiamo affermare che esistano in senso “puro” l'uomo e la donna1, poiché essi in realtà sono degli individui che differiscono biologicamente per caratteri sessuali primari e secondari che appartengono in misura variabile più al genere maschile o femminile. Il genere quindi sancisce la declinazione culturale della dimensione biologica del sesso. Le diversità sessuali si articolano, in ogni società, in comportamenti che sono ritenuti appropriati ai due sessi, che vengono condivisi come maschili o femminili dal gruppo sociale di riferimento. Il genere è appreso in tempi così remoti ed in modo così diffuso che diviene quasi innato, rendendo i soggetti difficilmente consapevoli delle possibilità di altri valori e forme di comportamento.

Nell'impossibilità di essere altro dall'uomo e dalla donna si sono sempre condannati e maledetti quei nascituri ambigui ermafroditi e intersessuali.
Si determina così quella dicotomia di genere che ogni giorno agisce a livello inconscio rendendo l'uomo e la donna due assunti innati.
Affermiamo una differenza di genere fra gli individui, ma dobbiamo ammettere la forte influenza determinata dalla società e dalla cultura che dà alla donna e all'uomo specifici ruoli e funzioni.
Il neonato si trova in una condizione sessuale indifferenziata, vale a dire che sono presenti i caratteri sessuali primari ma le esperienze pulsionali (precedenti l'Edipo) non sono di carattere interpersonale (Winnicott, 1986). Tali esperienze che non si costruiscono quindi come relazioni intersoggettive sono elaborazioni immaginative di esperienze fisiologiche (ibidem p.41). Il bambino inizia a provare piacere sessuale attraverso vari organi, è interessato solo alle sensazioni provate (che rimangono isolate, parziali) e fa questo senza scopi riproduttivi, divenendo così un essere perverso polimorfo2 (Freud, 1905).

L'orientamento libidico verso un oggetto arriva con la fase genitale che organizza le pulsioni, preparando in qualche modo il terreno per il complesso di Edipo3. La differenza sessuale non interviene immediatamente nello sviluppo, dando così luogo ad una sorta di stato psichico bisessuale (Ferenczi, 1966).
L'età, il modo e il tipo di oggetto d'amore scelto dipenderà dal modello culturale in cui la famiglia vive. Si pensi, ad esempio, ai matrimoni combinati, dove il desiderio e il piacere sono completamente offuscati da interessi economici e di discendenza; o ancora alle proibizioni cattoliche che pretendono la verginità fino al matrimonio.
Lo sviluppo dell'identità, in senso eterosessuale, è determinato così da una risposta funzionale alle esigenze sociali e culturali saldate sul senso della riproduzione.

Non possiamo rispondere con esattezza come si determini l'orientamento omosessuale, ma di certo affermiamo che esso non è predeterminato biologicamente, né rappresenta una deviazione o perversione sessuale.
Etero o omosessuali non ci si nasce, ma lo si diventa nel lungo percorso della vita, per mezzo del proprio carattere, della propria identità, dell'ambiente in cui si vive, etc... allo stesso modo nessun orientamento sessuale rappresenta una scelta, poiché con un identità formata e coesa l'oggetto d'amore sarà solamente uno. D'altronde l'amore incondizionato in questa società, fondata sul patriarcato, sul sessismo e sul sistema dicotomico di genere, non è permesso, se non destinato alla procreazione e a quella che per molti è la normalità.

Questo lavoro intende indagare lo sviluppo intrapsichico e interpersonale di un individuo (spesso adolescente) durante il processo di scoperta e integrazione (coming out) della propria identità omosessuale.
La ricerca scientifica, soprattutto in Italia, è molto limitata, per questo faremo riferimento per lo più a ricerche di ambito internazionale, auspicando ad un reale e concreto interesse rispetto l'argomento. Cercheremo di fare attenzione ai termini e agli aggettivi, dal momento che nella letteratura scientifica si riscontrano confusioni sull'utilizzo del termine omosessuale.
Spesso infatti si utilizza questa espressione con la stessa universalità con il quale si usa il termine uomo. Risulta che solo una piccola minoranza delle ricerche analizzate utilizza specificatamente la parola lesbica, mentre per la maggior parte di esse la parola omosessuale viene intesa come “categoria unica”. Per questo nelle prossime pagine anteporremmo la donna all'uomo, così come la lesbica al gay.

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